Monsignor Giombanco, la Pentecoste festa dello Spirito e della speranza
La diocesi di Patti ha celebrato la Veglia di Pentecoste con una cerimonia che ha richiamato l’esperienza degli apostoli nel cenacolo con Maria, quando lo Spirito Santo “riempì tutta la casa in cui si trovavano”. L’evento si è svolto sul lungomare di Sant’Agata Militello, nell’area dell’ex Museo dei Nebrodi, sotto la presidenza del Vescovo monsignor Guglielmo Giombanco. La celebrazione, animata dal coro diocesano, ha visto la partecipazione di sacerdoti, consacrate, gruppi parrocchiali, movimenti, associazioni, fedeli e monsignor Janpascal, Vescovo di Antisirabata in Madagascar, diocesi gemellata con Patti.
La Veglia ha incluso la venerazione del cero pasquale, la Liturgia della Parola e la Santa Messa, durante la quale il Vescovo ha conferito i ministeri di catechista, lettore e accolito a diversi laici. Inoltre, sono state benedette le coppie di fidanzati che hanno completato il percorso di catecumenato sperimentale in preparazione al matrimonio. La funzione si è conclusa con la contemplazione di Maria, definita “Madre della Speranza”, e la richiesta di intercessione della Bruna Madonnina del Tindari, che rimarrà “pellegrina” nei vicariati della diocesi fino al 19 giugno.
Nell’omelia, monsignor Giombanco ha sottolineato come la Pentecoste rappresenti la festa dello Spirito Santo, “donato per guidarci nel cammino, incoraggiarci, sostenerci e per rinnovare la speranza vera che dona la vita”. Ha invitato la comunità a coltivare uno “Spirito profetico” per promuovere scelte audaci e trasformazioni ecclesiali, auspicando una “conversione” che superi paure e resistenze, e favorisca un cambiamento pastorale attraverso la rimozione di “rami secchi” legati a numeri, strutture rigide e ripetitività.
Il Vescovo ha inoltre affermato che la Chiesa deve aspirare all’unione con Dio, fonte di pace, gioia e amore, precisando che “lo Spirito ci trasforma dall’interno” e consente di affrontare il presente come una “stagione delle potature” necessaria per portare più frutto. Ha concluso richiamando l’importanza della fede in Gesù come fondamento stabile in una società caratterizzata da incertezza e mutevolezza.
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