L’eterno conflitto fra l’esaltazione positivistica della scienza ed i dogmi morali hanno condizionato la vita umana in ogni fase della sua storia ed il teatro non poteva non accorgersene.
A testimoniare tale stato di fatto è la commedia brillante in due atti dal titolo “Le pillole di Ercole” di C. Hennequin e P. Bilhaud, andata in scena sabato 1 agosto nell’atrio del Carmine a cura del Teatro Stabile di Milazzo, la cui direttrice artistica Tiziana La Macchia in collaborazione con il valente regista Giuseppe Pollicina e con l’aiuto regia Tania Alioto hanno voluto palesare quanto le scoperte della medicina possano addurre un moto di destabilizzazione nelle coscienze e nelle azioni mandando in frantumi relazioni affettive, convinzioni sociali e fede religiosa: infatti tutto il cast in costume da belle époque (confezionato da Rossella Aliotta) formato da Santi Puliafito, Maria Da Campo, Salvo Maiorana, Mimmo Picciolo, Cesare Terragna, Stefania Gitto, Tania Alioto, Rossella Aliotta e Stefano Stagno incarnava una propria etica forgiata su esperienza, cultura e culto derivanti dall’ambiente, in cui sono cresciuti e nel quale operano.
Ne nasce così un conflitto non solo interiore, ma anche e soprattutto intimo, che scopre la dabbenaggine dei protagonisti, ingabbiati nella loro dimensione sovrastrutturale, alla mercé di un giovane spavaldo (Augusto), privo di valori e senza scrupoli nel somministrare una sostanza medicinale portentosa dagli inaspettati effetti collaterali.
Particolare rilievo ha assunto il personaggio del Colonnello O’ Cardill, interpretato da Cesare Terragna, dilaniato dai suoi doveri militari e dalla sua dissolutezza machista, ma, una volta scoperta la sua paternità, s’impone un codice comportamentale austero, tendente ad applicarlo a tutti i costi nei confronti dei suoi interlocutori. Ciò rappresenta una lezione dall’elevato contenuto psicologico, per la quale una persona non si finisce mai di conoscere. La tematica principale è tuttavia corredata da altre accessorie, individuate dalla stessa Tiziana La Macchia: “Si è preso in esame anche il problema delle coppie sterili, il cui desiderio di avere un bambino li spinge anche a sottoporsi alle più stravaganti terapie”. Il regista Giuseppe Pollicina ha posto l’attenzione non solo sugli aspetti culturali, ma anche tecnici: “La rappresentazione di stasera presenta sfumature diverse rispetto a quella andata in scena qualche mese fa a seguito di una maggiore padronanza dei caratteri consolidata negli attori, i cui ciascun personaggio espresso ha un codice deontologico del tutto antitetico all’altro, adattato alla propria convenienza ed alle proprie aspirazioni in una rappresentazione dalla connotazione fortemente attuale, dato il parallelismo fra gli inizi del XX secolo con quelli del XXI dove all’intento di unire ed integrare fa da contraltare la volontà di isolare e di far prevalere il particolarismo nazionalistico. – ha chiarito l’insigne regista – Il testo è stato rielaborato da Pietro Garinei ed avrebbe dovuto essere rappresentato nel 1998, ma non è stato possibile per l’impossibilità in quel tempo di trovare degli attori versatili ad immedesimarsi in quel copione.
Dopo una lunga ricerca ho trovato nella compagnia del Teatro Stabile di Milazzo quella giusta per rappresentarla”. Il successo ha testimoniato non solo la professionalità degli artisti, ma anche la sensibilità del pubblico ad una tematica, che accompagnerà l’umanità nel cammino lungo e tortuoso della sua civiltà.
Foti Rodrigo
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